Una delle più interessanti e ricche aree megalitiche d’Europa torna ad accogliere il pubblico dopo un’importante operazione di rinnovamento e riallestimento. Il gioiello archeologico di Aosta è unico per molti motivi: l’antichità dei reperti, che partono dal 4200 a.C., il fatto che siano stati mantenuti nella sede del loro ritrovamento, l’avveniristico progetto architettonico del museo e gli allestimenti tecnologicamente all’avanguardia. Una superficie di quasi un ettaro che racchiude circa seimila anni di storia, sepolti e poi riemersi dal 1969 ad oggi. Antichi riti fondativi, tumuli funerari, dolmen e stele di pietra dal profilo umano, ma anche testimonianze dell’epoca romana e altomedievale. L’Area megalitica propone un’immersione fisica nel passato, per comprendere meglio le origini e la complessità della storia umana. Un’esperienza avvolgente, cullata dalle note leggere, appena percettibili, del Maestro Giovanni Sollima, che ha composto l’identità musicale del sito.
Il museo
Un nuovo ingresso, situato all’angolo tra corso Saint-Martin-de-Corléans e via Italo Mus, accoglie i visitatori con tre monoliti di ferro colorato, posti come stendardi sopra la pensilina che protegge l’entrata. Un varco nel passato che si presenta come uno spazio protetto e immerso in una luce soffusa, chiuso da una grande vetrata, che esclude la quotidianità e i rumori del traffico: qui trova posto la biglietteria.
Il percorso inizia con un’immagine emblematica: la Rampa del Tempo, un corridoio discendente che permette di compiere un viaggio a ritroso: 6000 anni indietro nel tempo a sei metri di profondità. Qui viene proiettata una sequenza di date, dal presente fino agli ultimi secoli del V millennio a.C.
Piano seminterrato
Terminato il conto alla rovescia la vista si spalanca sull’area coperta, una grande “navata” che custodisce le strutture preistoriche, datate dalla fine del Neolitico all’età del Bronzo Antico. Ciò che abbiamo di fronte è il risultato di un complesso scavo iniziato nel 1969 e proseguito fino a oggi, che ha portato alla luce testimonianze intatte di un passato ancora avvolto nel mistero. Lentamente tutti i dettagli, tra cui il dolmen che svetta al centro, le arature, i pozzi, le buche di palo, il tumulo funerario e perfino delle orme umane emerse durante gli scavi di questi ultimi anni, si svelano, prima come geometrie di un articolato disegno generale, e poi come insieme di particolari. Grazie ai fari orientabili, un gioco di luci simula il sorgere e il tramontare del sole e proietta sul terreno le ombre dei reperti. Ognuna di queste tracce del passato viene contestualizzata, nel tempo e nello spazio, e raccontata in relazione alle attività umane che si svolgevano in questo luogo.
L’aratura rituale_Una serie di solchi, realizzati con aratro a traino animale riconducibili al Neolitico prima del 4000 a.C., sono dovuti con ogni probabilità a un’azione rituale e non funzionale. Incidere il suolo ha tradizionalmente un legame con la fertilità, con l’origine della vita e dei mezzi di sussistenza arrivando a essere associato alla fondazione della comunità, come nel caso delle colonie romane.
I pozzi_Sempre alla fase di utilizzo cultuale del sito sono riconducibili le grandi fosse circolari, o “pozzi”. Al momento del rinvenimento erano colmati da un riempimento a più strati contenente macine, macinelli e cereali, datate al 4200 a.C.
Gli allineamenti
Tra la fine del IV e gli inizi del II millennio a.C. l’orizzonte visivo del sito è marcato da elementi in elevato, collocati in allineamenti orientati secondo criteri ritenuti astronomici. Una sequenza di pali lignei, di cui restano oggi le buche di alloggiamento, era certamente uno degli elementi caratterizzanti il sito, che si presentava come un “santuario” all’aperto.
Le stele_Originariamente allineate ai pali lignei, le oltre 40 stele antropomorfe rappresentano la prima manifestazione del megalitismo nel sito di Saint-Martin-de-Corléans. Si tratta di monumenti celebrativi dedicati al culto di guerrieri, eroi o divinità, una testimonianza artistica oltre che rituale o religiosa. Le più arcaiche presentano tratti essenziali, mentre le più evolute mostrano una raffigurazione dettagliata di parti del corpo, abiti, ornamenti e armi.
Le tombe_La funzione funeraria permea, in epoche diverse, l’intero sito. Sono stati innalzati monumenti funebri costruiti con grandi pietre, dette megaliti: tra queste risalta, anche visivamente, un dolmen imponente, a piattaforma triangolare.
Sono inoltre presenti sepolture di differente tipologia: a cista (costituita da sei o più lastre di pietra a formare una “scatola”); dolmen semplici, con piattaforma circolare; dolmen a corridoio, cosiddetti allées couvertes; e, infine, sepolture connotate da una grande fossa con massiccio muro circolare di delimitazione.
La funzione funeraria è mantenuta anche nell’Età del Bronzo, quando le stele sono riutilizzate per costruire tombe che si impostavano talvolta direttamente sopra le sepolture più antiche, in una continuità che perdura sino all’epoca romana.
L’età del Bronzo_Il II millennio a.C. è stato un momento di profondi cambiamenti per il sito di Aosta: esso esaurisce infatti la sua funzione cultuale e funeraria, con le sepolture dislocate più lontano, e si trasforma in una zona a vocazione agricola. A questa fase appartengono numerose tracce di arature, spesso sovrapposte e con orientamenti diversi, a testimonianza del susseguirsi di attività rurali. Tra le infrastrutture identificate ci sono alcuni allineamenti di pietre, interpretati come elementi divisori dei campi e resti di canalizzazioni. Un imponente muraglione in pietre a secco viene costruito e più volte integrato per contrastare le frane del versante collinare e le esondazioni che colpiscono l’area a più riprese. Una scoperta recentissima fatta dagli archeologi della Soprintendenza consiste nel ritrovamento di una serie di orme umane impresse nel terreno, il cui studio, tutt’ora in corso, ha già fornito importanti informazioni su coloro che lì vivevano e coltivavano la terra.
Le orme umane_Si tratta delle orme umane più antiche della regione, datate al 2200 a.C. circa, ovvero nel momento di passaggio tra l’età del Rame e l’età del Bronzo. Rimaste impresse su terreni arati, si sono conservate grazie al preesistente terreno argilloso, su cui si sono depositati strati protettivi di colate detritiche e terreno di esondazioni. Dalle indagini risulta che appartenessero a individui con calzature piatte, tipo babbucce.
L’età del Ferro_Il I millennio a.C. è caratterizzato da una ripresa di attività funerarie e cultuali. Appartiene a questa fase il monumentale tumulo circolare in pietra, che custodisce al suo interno una sepoltura priva di corredo. Nella seconda età del Ferro, dal V al I secolo a.C., le tombe diventarono più essenziali: erano semplici fosse scavate nel terreno al cui interno era deposto il defunto, insieme a ornamenti personali. Spicca, tra gli oggetti rinvenuti, un interessante corredo bronzeo, probabilmente appartenuto a una donna.
Il piano superiore: dagli antichi romani al Medioevo
L’epoca romana_Al piano superiore cambia l’orizzonte cronologico: protagonista è l’epoca romana. Simulando un viaggio lungo la Via delle Gallie, si raggiunge l’antica Aosta, Augusta Prætoria, per esplorarne il territorio extra-urbano. Le numerose evidenze archeologiche di epoca romana nel sito di Saint-Martin-de-Corléans si riferiscono ad attività insediative e funerarie. Se una prima sezione è dedicata agli insediamenti rustici e ai temi della vita quotidiana, un’altra sezione evidenzia le necropoli scavate sotto la chiesa parrocchiale di Saint-Martin-de-Corléans.
L’insediamento | Sono stati riportati alla luce resti di un edificio rustico (fattoria) costituiti da ambienti in muratura disposti intorno ad aree cortilizie, destinate ad attività agricole e artigianali. In questo insediamento rurale sono stati rinvenuti vari oggetti di uso quotidiano in ceramica, metallo e vetro, oltre a una statuetta in ambra raffigurante un moscophoros, ovvero colui che porta un vitello.
La necropoli | Sono venute alla luce più di 40 tombe, facenti parte di un’unica necropoli afferente all’insediamento rustico. La cremazione era preponderante nei primi secoli dell’impero, sostituita dalle inumazioni nel IV e V secolo d.C. Le tombe vantano corredi particolarmente ricchi, che denotano l’agiatezza degli abitanti: troviamo degli unguentari in vetro, un balsamario in alabastro, un bicchiere in vetro decorato con raffigurazioni di Santi servizi di piatti in ceramica, un corredo in bronzo “da Scriba” con strumenti per la scrittura e il calcolo, lucerne e monete, tipicamente lasciate come obolo a Caronte per il transito verso l’oltretomba.
L’età Medievale_Dopo l’epoca romana l’edificio rustico fu abbandonato e trasformato in area agricola. Venne comunque mantenuta in funzione la strada individuata sotto l’attuale corso Saint-Martin-de-Corléans, preziosa arteria di transito, con l’aggiunta, in età altomedievale, di un possente muraglione e un nuovo fondo viario. Risale a questo periodo l’edificazione della chiesa dedicata a San Martino di Tours, la cui prima menzione si trova in una bolla papale datata 1176. Il luogo di culto diede seguito alla vocazione cultuale e funeraria espressa secoli e millenni prima: accanto furono trovate cinque tombe a inumazione, senza corredo.
Gli scavi e il museo
1969: Nell’area prospiciente l’abside della chiesa di Saint-Martin-de-Corléans i lavori per la costruzione di una serie di edifici abitativi mettono in luce particolari elementi che si dimostrarono subito di interesse archeologico. Il ritrovamento della parte sommitale di una stele decorata e dei montanti di un dolmen da parte degli archeologi della Soprintendenza regionale (Rosanna Mollo e Franco Mezzena) porta alla sospensione dei lavori edili e all’inizio degli scavi. Il Ministero della Pubblica Istruzione, all’epoca competente in materia, riconosce il particolare interesse scientifico del sito.
1970-1971: La Regione autonoma Valle d’Aosta acquista il terreno per consentire scavi estesi, nel rispetto delle tecniche di ricerca più avanzate per l’epoca.
1974: Nell’area a sud del sito archeologico, durante la costruzione di un edificio commerciale, emergono altre strutture megalitiche, anche quest’area diventa proprietà regionale: da questo scavo emergono cinque strutture tombali.
1975-1989: Si susseguono per oltre vent’anni le campagne di scavo annuali guidate da Franco Mezzena, che diventano un’importante scuola di formazione per una generazione di ricercatori, studiosi e archeologi.
2007: Inizia il progetto di allestimento del Parco e Museo, insieme a un articolato piano di indagini specialistiche e consulenze pluridisciplinari, a cavallo tra geologia, paleobotanica, antropologia, radiometria. Il Comitato Scientifico è incaricato dall’Amministrazione regionale di proporre, di concerto con gli uffici competenti, linee guida e tematiche del futuro percorso espositivo.
2016: Prima Inaugurazione dell’Area Megalitica.
2023: Dopo la chiusura, a marzo 2022, per la realizzazione di una serie di interventi di rinnovamento e riallestimento, l’area museale riapre al pubblico.
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