03 giugno – Scilla (RC) – Savoca (ME) – Castelmola (ME) – Linguaglossa (CT)
Scilla al tramonto, vista da qui (Barrittieri, vedi prima parte del racconto https://www.girareliberi.it/con-odisseo-nella-terra-dei-ciclopi-prima-parte/) ci ha riempito gli occhi. Ci svegliamo col chiodo fisso di quelle case che affacciano direttamente sul blu dello stretto. In meno di venti minuti siamo nel borgo, persi fra mitologia e storia. La “Perla della Costa Viola” rimanda irrimediabilmente al mito del mostro a sei teste e dodici tentacoli in cui fu trasformata la ninfa Scilla dalla maga Circe, gelosa dell’amore che il pescatore Glauco provava per lei.
Fra affacci sul mare di una bellezza disarmante, percorriamo gli stretti vicoli che portano fino al porticciolo e ci fermiamo ad osservare le spadare che percorrono su e giù questo lembo di mare, prima di riprendere la via verso l’imbarco per la tanto agognata traversata dello stretto.
Dal traghetto si intravede Capo Peloro (la “Cariddi” omerica) e Calabria e Sicilia sembrano quasi toccarsi. Il mare è striato di venature e vortici, i refoli gli danno un aspetto quanto mai vivo e fluido. Il gioco scatenato dall’alternarsi di alte e basse maree fra il Tirreno e lo Jonio crea una tavolozza di colori da cartolina.
Il mostro spalancava le sue fauci tre volte al giorno risucchiando le acque del mare e tutto ciò che navigava su di esso: così racconta il mito. I grandissimi vortici che ne derivavano facevano sì che pesci e navi cadessero nelle profondità delle sue viscere per diventare il suo pasto. Si trattava di Cariddi relegata nelle profondità delle acque dello stretto e a noi, comodamente seduti sul ponte del traghetto, piace pensare che sia realmente così.
(Parcheggio gratuito a Scilla presso Area di Sosta Bus Turistici Chianalea 38.253020, 15.725993)
Meno di un’ora di traversata ci lascia il tempo per chiacchierare un pò su questa particolare leggenda, riposare e scegliere la colonna sonora per il nostro ingresso nell’isola. Le nostre orecchie chiedono musica che sia giallo-rossa, gialla come la bandiera palermitana e rossa come la corleonese, musica che sia ribelle, proprio come le due città che per prime si rivoltarono contro la dominazione angioina durante i vespri siciliani. Fra le canzoni siciliane incontriamo melodie ribelli in cui risuonano gli echi di una stratificazione di civiltà e di culture che ha pochi eguali in Italia. Roy Paci canta sulle musiche degli Aretuska, mio figlio già fischietta ed è come se fossimo già sbarcati nella terra dei ciclopi.
“Sicilia bedda, Sicilia bedda, prena di focu ie di suffaredda.
Sicilia bedda, Sicilia bedda, trasi ‘ndo cori, nesci de vuredda.
nun pozzu iu pinsari ca’ supra lu strittu sarà,
na granni ummra ca lu mari oscurerà,
ca tutti i pisci mischineddi a panza all’aria e
l’occhi fora aspettanu sulu ca quaccunu cchiù nun mora.”
La nostra prima sosta in Sicilia è una pausa pranzo improvvisata a base di focaccia condita con scarola, acciughe e pomodori in quel di Savoca, il borgo dalle sette facce e dai sette panorami, uno dei borghi più belli d’Italia, set de “Il Padrino”.
Qui, ancora oggi, riusciamo a respirare atmosfere del passato capaci di farci innamorare di quest’isola seduta stante.
Il tempo a nostra disposizione è tanto, ma la “fame di Sicilia” è troppa, così come eccessiva è anche la calura delle due del pomeriggio. Torniamo verso la costa in cerca di un refrigerio che però non c’è. Scegliamo quindi di inerpicarci ancora lungo stretti tornanti a picco sul mare fino a Castelmola: un bicchiere di tipico vino alle mandorle e un cannolo messinese ci schiariranno le idee su come proseguire questa lunga vacanza, magari rallentandone un pò i ritmi.
La sosta e la passeggiata che segue sono decisive nel dare una svolta alla vacanza. Il piccolo villaggio situato sulla parte sommitale di Taormina è incantevole, con la sua vista sull’Etna e i suoi ampi orizzonti aperti verso il mare. Probabilmente però pecca un pò di eccessi turistici, ed è questo che ci fa decidere definitivamente di cambiare rotta per preferire la scoperta di una Sicilia più autentica.
Ci dirigiamo verso l’Etna, anche se la stanchezza accumulata in ore di tornanti stretti e ripidi è tanta. Fra i vari comuni alle pendici del vulcano, scegliamo di visitare Linguaglossa, un pò perchè ci ha incuriosito la sua posizione a soli 19 chilometri da Piano Provenzana e un pò perchè ci era stato, tempo addietro, descritto come un comune molto ospitale e con una spiccata vena di autenticità siciliana.
A 550 metri di altitudine, è sicuramente un luogo in posizione strategica sul versante Nord dell’Etna. Inoltre ci è stato detto che qui potremo trovare i migliori artigiani del territorio e alcune delle tipicità enogastronomiche più apprezzate della zona, come la “sasizza o cippu” (salsiccia preparata su un ceppo di quercia), il vino Etna doc e le nocciole.
Nel piazzale della stazione, parcheggiamo Odisseo su un tappeto nero di polvere lavica. A bocca aperta restiamo a guardare il fumo denso che si leva alto dai crateri, i bambini giocano a lasciare impronte nella polvere scura e si lasciano andare ad una serie di scatti fotografici da postare sui social come trofei.
La proprietaria del bar della stazione ci omaggia di un prezioso corso accelerato sul comune che ci ospita e su quanto questo ha da offrirci. Purtroppo però oggi siamo davvero distrutti: quella del nostro Odisseo si sta rivelando realmente un’”Odissea” e quindi riusciamo solo a concederci la prima arancina (o arancino come si dice più spesso nell’Est Sicilia , al maschile o al femminile è tuttora una questione aperta di non poco conto da queste parti, vedi anche https://www.sicilias.it/si-dice-arancina-o-arancino-ecco-la-risposta-definitiva/) della nostra vacanza prima di crollare in un pesante sonno ristoratore.
Parcheggio su strada gratuito a Savoca in via provinciale Castelvecchio
Parcheggio a pagamento a Castelmola su SP10, civico 19 – 1€/h
Parcheggio gratuito a Linguaglossa in piazza A. Castrogiovanni