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Fettuccine ed Aglianico

da Serena Fiorentino
244 letture tempo di lettura 4 minuti Brindisi Montagna (PZ)

14-16 ottobre Brindisi di Montagna/Barile (PZ)

Prendi tutti gli ingredienti giusti per imbastire un weekend autunnale di tutto rispetto, condisci con una deliziosa offerta enogastronomica, monta sul camper e parti! Sarà che il nome del paesino che abbiamo scelto come meta è già di per sé un programma; sarà che il titolo della manifestazione culturale offerta dalla Pro Loco per questo weekend è talmente impronunciabile e stuzzicante da solleticarci le papille gustative; sarà che lungo il tragitto si prevedono soste dal profumo di storia, funghi, castagne e natura incontaminata; sarà che il richiamo rosso dell’Aglianico non ci lascia mai indifferenti… 315 km… si parte in direzione di Barile. Tumact me Tulez (*), se tutto va come deve andare, domani sera annaffieremo un bel piatto con del buon vino!

Dopo circa tre ore di strada e più di mezz’ora di cantiere sulla Basentana con l’erba che cresce rigogliosa sull’asfalto e gli operai fermi a sorseggiare una birra, decidiamo di imboccare l’uscita per Brindisi di Montagna. Sei chilometri di tornanti in salita ci accompagnano ai piedi del castello che sovrasta il piccolo comune, una perla poco conosciuta in un angolo di Basilicata immerso nella natura che regala panorami capaci di mozzare il fiato.

Giusto il tempo di parcheggiare Odisseo ai piedi della salita che conduce al castello e già l’accoglienza degli abitanti di Brindisi si preannuncia calorosissima. Chi si affanna a ripeterci di non preoccuparci se la sagoma del camper fuoriesce un pò dalle strisce bianche (tanto non da fastidio a nessuno), chi si avvicina per chiederci da dove veniamo e quanto ci fermeremo, chi ci da subito indicazioni su cosa vedere e dove andare a cena per assaggiare qualcosa di tipico e genuino… Questa sera resteremo qui, senza ombra di dubbio!

Per la cena scegliamo un bar/alimentari/cartoleria/articoli per la casa/articoli da regalo/merceria… e chi più ne ha più ne metta. Una tovaglia su un tavolo di plastica fra scaffali e scatoloni, quattro sedie in metallo, un mazzo di carte napoletane per una briscola in attesa dell’antipasto, un’abbondante porzione di strascinati fatti in casa, una bistecca di manzo, una frittata con i peperoni e dei fagiolini dell’orto. Magia allo stato puro per una cena che non scorderemo facilmente. Il paese, colorato di luci calde arancio, sa di legna arsa, di porcini, di secco montano, di puro e pulito. Il silenzio assordante culla le stelle in un cielo nero limpido e infinito. La semplicità di questo ammasso di case abbracciate le une alle altre come in un presepe, scalda il cuore e rigenera lo spirito. CI siamo innamorati di questo luogo, ci stiamo affezionando a questa gente, stiamo gustando la tranquillità che solo la montagna in autunno sa regalare. Andiamo a riposare sereni, sotto questo cielo pieno di stelle, affogati nell’Aglianico scuro, avvolti dalle coperte calde, con l’immagine del castello illuminato che entra prepotente dalle finestre, riempie gli occhi e scalda il cuore.

Al risveglio la nebbia avvolge le case e i boschi. Solo il castello fa capolino nel biancore. Si sentono i campanacci delle mucche al pascolo, si intuiscono anche se non si vedono. Man mano che il bianco ovattato si dirada, il profumo di legna e fuoco si fa più forte. C’è del calore in questa alba fredda di montagna: un caffè, le campane che suonano, il pastore che guida le greggi, il pensiero ancora adagiato sugli strascinati della signora Maria e sulla forma delle sue dita impressa su ogni strisciolina di impasto chiaro. Man mano che si sale verso il castello, l’aria si fa più calda e il sole accende l’orizzonte lontano. Su in cima troviamo Rocco che subito si propone di farci da guida e ci catapulta nella culla del medioevo lucano. In due ore, con l’accento spiccatamente lucano e tanta voglia di raccontarci tutto di questo posto, della vita dei suoi abitanti e delle tradizioni che lo mantengono in vita, Rocco riesce a farci percepire come reali attorno a noi il vociare della servitù, le risa dei giullari, il suono della musica che allietava le giornate a corte, gli squilli di tromba che annunciavano l’arrivo di Guidone, il volteggiare dei rapaci alti nel cielo terso. Salutiamo Brindisi di Montagna abbigliati di tutto punto da cavalieri medievali armati di elmo, spada e scudo e ci rimettiamo in marcia per raggiungere Barile.

A Barile ci accoglie un signore a bordo di una vecchia Fiat Panda carica carica di uva appena raccolta. “E’ il nostro Aglianico” ci dice orgoglioso e ce ne offre immediatamente qualche nero grappolo: il benvenuto migliore che potessimo aspettarci in questo paese di poco più di 2000 anime che ruota attorno a via delle Cantine (Celaret e Shëshit in dialetto Arbëreshë).

In ogni via del piccolo centro storico fervono i preparativi per la festa: banchetti di tagliatelle con mollica di pane, alici e noci, stand gonfi di arrosticini, caciocavallo podolico, miele e salsicce di maiale, il palco per i musicisti e le cantine aperte pronte per le degustazioni di Aglianico. I profumi si inseguono e si fondono e ci rincorrono, fin dentro la cantina del signor Andrea Carnevale.

Ne veniamo fuori carichi di bottiglie dopo una splendida degustazione. Due fisarmonicisti ci incrociano lungo uno stretto vicolo, suonano musica popolare lucana, li seguiamo per un breve tratto. Le note del folk si mescolano a quelle fruttate dell’ultimo calice di rosso. La serata si chiude magnificamente, nel cuore di una Basilicata in cui è sempre bello perdersi, lasciarsi andare, liberarsi.

caciocavallo podolico

(Area sosta senza servizi a Brindisi di Montagna in via Aia Chiaffa presso campo sportivo comunale. Parcheggio a Brindisi di Montagna in via Duca Antinori, per mezzi non superiori ai 6 metri. Parcheggi/Aree sosta senza servizi in occasione dell’evento Tumact me Tulez a Barile in piazza Angelo Bozza, in via delle Cantine presso piazza Pasolini e in via Cortina)

* Il tumact me tulez, è un piatto tipico del comune di Barile, in provincia di Potenza.


Il nome deriva da tumacë me tulë, la cui pronuncia è “tumàzzt ma tul”, che in lingua albanese (arbërisht) vuol dire letteralmente “tagliatelle con la mollica”.
Dell’antica tradizione gastronomica italo-albanese, sono generalmente lavorate artigianalmente in casa e diffuse in tutta l’Arbëria, note come tumacë ndë shpi (tagliatelle [fatte] in casa) o tumacë me fasule (tagliatelle con fagioli) e tumacë me qiqra (tagliatelle con ceci).
(wikipedia)

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