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Dal punto di vista botanico lo zafferano altro non è che lo stigma (la parte superiore del pistillo su cui si posa il granulo pollinico, ndr) del fiore Crocus Sativus, una pianta che fa parte della famiglia delle Iridacee.
Se pensate al suo prezzo viene da pensare che sia roba da sceicchi… il suo costo al kg è infatti di qualche migliaio di euro (tranquilli, per fare un risotto per 4 persone basta meno di 1 g di pistilli).
Perché è così costoso? Principalmente per il lavoro che c’è dietro e alla bassissima resa in termini di peso… ma ne vale la pena. Se non lo avete mai assaggiato vi consiglio vivamente di investire qualche spicciolo in questa spezia e sbizzarrirvi in cucina, ne andrete fieri.
Nel documentario indicato di seguito noterete quanto lavoro ci vuole per ricavare i tanto amati pistilli. I fiori vanno raccolti a mano, fatti essiccare e poi selezionati a mano, uno a uno. E non esiste allo stato attuale la possibilità di industrializzare questo processo.
Lo sapete che il 90% della produzione mondiale dello Zafferano viene fatta in Iran? Esistono delle coltivazioni anche in Italia di questa spezia, in particolari zone dove le condizioni pedoclimatiche sono molto simili a quelle più vocate, soprattutto dal punto di vista dell’umidità (la pianta dello zafferano ne vuole molta), e dell’esposizione al sole (lo zafferano odia l’ombra). Ovviamente ne esistono di diverse qualità, che danno prodotti con aromi e pigmentazione leggermente diversa, ma lascio l’approfondimento di questo aspetto a persone molto più esperte o con interessi professionali diversi dai nostri.
In cucina viene apprezzato proprio per il suo aroma, in grado di dare una connotazione al piatto che stiamo preparando di notevole intensità.
Il suo utilizzo preferito in assoluto, perché ne esalta le caratteristiche, è in infusione. Ovvero dopo aver pestato in un mortaio i pistilli fino a ridurli in polvere, si crea un’infusione con acqua molto calda per un tempo che va dai 30 minuti alle 2-3 ore, a seconda dell’intensità che vogliamo ottenere. Questo infuso poi viene aggiunto alle pietanze in modo che ne venga assorbito, ma attenzione a non cuocerlo troppo, perdereste ogni aroma mantenendo solo il colore.
Dieci/dodici stimmi sono più che sufficienti per una porzione di risotto, la quantità di acqua calda è all’incirca quella di una tazzina da caffè.
In Italia esiste la comunità transnazionale di Slow Food dei “produttori e co-produttori dello zafferano di Qa’en”; grazie a questa viene fatta formazione su questo prodotto e utilizzando questa fantastica spezia vengono realizzati dei prodotti decisamente gustosi, quali Liquori, Birra, biscotteria secca e candele profumate.
Ho avuto la fortuna di assaggiare qualcuno di questi prodotti, e sono rimasto sorpreso dalla carica aromatica. In particolare sono rimasto sorpreso dai biscotti da aperitivo salati.
Quando ho letto gli ingredienti temevo che lo zafferano si perdesse a causa del parmigiano inserito tra essi. Invece sono rimasto piacevolmente stupito, l’aroma tipico dell’oro giallo non è per nulla nascosto, è anzi ben evidenziato, anche nella retrolfattiva, nel finale arriva inoltre una nota dolce delicata non invasiva che assieme ad una persistenza decisamente superiore alla media ne permette di godere più a lungo.
Se vi piacciono le birre fatte con lo stile americano, luppolate in maniera decisa, vi consiglio la birra allo zafferano, il cui amaro è sensibile ma non eccessivo e con sentori preponderanti di agrumi, schiuma densa e persistente.
Vi invito a dare un’occhiata al sito www.shirinpersia.com, al suo interno troverete anche alcune ricette utili per prendere confidenza con lo Zafferano e dalle quali partire per inventare le vostre, oltre che la possibilità di acquistare alcuni dei prodotti sopra citati.
Qui di seguito il link Youtube alla pre-produzione del documentario sulla raccolta e lavorazione dello zafferano che sarà realizzato: https://www.youtube.com/watch?v=r_rNVZAie8Q&t=2s